March 19, 2024
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Sapete che la mia finestra è davvero strana. Ha tantissimi pannelli di vetro enormi, alcuni dei quali sono dei pannelli apribili.
Risulta che il mio soggiorno è davvero luminoso data la generosa dimensione della vetrata che occupa l’intera parete della cucina, se non fosse per delle tende che ho acquistato per smorzare un pò la luce del sole, che vampiro come sono, tendo sempre ad evitare. In casa. All’aperto è tutta un altra storia, ma torniamo a noi.
La stranezza di questa finestra risiede che all’esterno, proprio dietro le vetrate vi è uno scheletro di mattoni disposti a cellette, per tutta l’area visiva.


Un punto a favore e uno a suo discapito. Posso guardare di fuori senza essere visto, ma solamente mettendomi a sbirciare tra un mattone e l’altro.
Ma questo dovrebbe essere un Blog sull’ India, quindi che vi frega dell’architettura di casa mia? Assolutamente niente, ma qua ci torneremo.

Mentre scrivo queste righe là fuori i lampioni si chiedono per chi sono accesi. Le strade sono deserte l’asfalto ha dimenticato il suono dei tacchi a spillo della mia vicina di casa, anch’essa chiusa in casa come quasi tutti noi. Quarantena dura, brutta storia sìsì.

Sono visioni surreali di una città che non sembra più avere padroni, nessuna che grida reclamandola, nessuna compagnia di ragazzini che tenta di scuoterla, solo un’immenso, assordante silenzio.

Mi immagino come possa essere in India, là dove le strade non restano deserte neanche per sbaglio. Là dove le città sono vive centinaia di volte più di quanto siamo abituati, più di quanto saremmo disposti a tollerare.Tempi duri anche per loro, i miei fratelli. Tempi molto più duri dei nostri, circondati dall’agio delle nostre comodità, dei nostri divani, dei nostri frigoriferi riempiti all’inverosimile, delle nostre torte copiate da qualche video amatoriale trovato pigramente sulla rete. Penso a quanto possa essere dura per loro, abituati al trambusto, alle code infinite, a quel groviglio di persone che popolano le loro strade asfaltate alla buona.


Non ho mai creduto in dio, quella figura di un padre autoritario che ti mette in punizione se cedi, se cadi in tentazione, se ti comporti male. Sempre pronto a giudicare lui dall’alto dei cieli.
Ma credo all’anima, o meglio, ho iniziato a credere in un concetto che possa adattarsi a questo nome da quando sono stato in India. Ho avuto un sensazione nuova, mai sperimentata.
Come se sparisse quel muro di mattoni prima citato, inondando il salotto di luce, bruciando le tende, rendendoti totalmente visibile. Così è stata per me.
Per la prima volta. Tutti potevano vedermi, ma anche io potevo vedere loro, senza aver la necessità di sbirciare tra i mattoni, quella struttura era crollata e il costrutto mentale di privacy, di timore, di mezze misure era svanito con loro.

Quando il vuoto esploderà…

Ed è qui che il vuoto è esploso, che i mattoni che mi proteggevano dal mondo, dall’essere visto, giudicato, sono crollati. Mi sono sentito per la prima volta parte del tutto, connesso senza filtri ad un destino che è comune a tutti.

Gli indiani sono persone incredibilmente VERE, in ogni loro aspetto.
Sono un popolo fiero e accogliente con chi è rispettoso, ma allo stesso tempo possono diventare terribili con chi tenta di mettergli i piedi in testa. Ed io non posso far altro che ringraziarli per quello che mi hanno donato, Ringrazio l’India per aver contribuito ad abbattere il muro dei miei pregiudizi, dei miei preconcetti. Ringrazio gli indiani per avermi mostrato il mondo senza doverlo spiare dalle fessure tra un mattone e l’altro.


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